Le verdure, particolarmente per le popolazioni affacciate sul Mediterraneo, consapevoli della loro importanza, hanno avuto un posto centrale nell'alimentazione, pur con la ricerca costante di un loro arricchimento, non solo per integrarne i valori nutritivi, ma anche per soddisfare le esigenze del palato. Al di là di bietole e borragini, verdure in grado ancor oggi di testimoniare un'alimentazione in passato possibile anche grazie alla raccolta diretta dall'ambiente e dalla terra di quanto potesse collaborare nella lotta costante contro la fame, non vanno dimenticati i legumi, di cui degno rappresentanti sono i ceci che, nella versione savonese dello Zimino, piatto originario di Genova, vengono lessati assieme alle costine di maiale (un chiaro collegamento con il retroterra piemontese in cui, infatti, si trova la Ceciata alla zingarella di Nucetto, vicino a Ormea, realizzata con un soffritto in cui porre ceci e fagiolane, con patate e zucchine, ossa di maiale e piutin — la parte finale della zampa del maiale — e cotta a fuoco lento, per consentire alla carne di disfarsi completamente) e infine conditi con un sugo a base di cipolla, pomodori e bietole senza coste precedentemente lessate. Al di là della presenza di carne suina, il nome stesso dello zimino testimonia come gli scambi e gli incontri tra culture diverse, soprattutto in cucina, siano sempre esistiti: deriva infatti dall'arabo asseminu, termine con cui si indica una salsa densa. Non si è ancora riusciti a scoprire perché sia passato a indicare, in italiano, un piatto realizzato effettuando una cottura in un composto vegetale. Un'ipotesi (peraltro non verificata) potrebbe venire suggerita dalla curiosa somiglianza che si riscontra tra questo tipo di preparazione e quella di un piatto tunisino: la Melokhiya (dal nome dell'omonima pianta simile alla bietola che in Tunisia viene essiccata e ridotta in polvere, mentre in Egitto è utilizzata fresca). La ricetta prevede la macerazione della carne con coriandolo, carvi, alloro, sale, pepe e scorza d'arancia e la sua cottura in pentola, dopo avervi diluito la pastella ottenuta mescolando la polvere di melokhiya con dell'olio freddo. Il piatto, alla fine, deve presentarsi come una crema vellutata   (l' asseminu di cui sopra?) che i pescatori liguri, abituati a seguire il pesce e a spingersi con le loro imbarcazioni fino a Tabarka, sicuramente avranno avuto occasione di assaggiare.