Taggia o Seborga? In quale dei due territori comunali dell’Imperiese fu per prima seminata la pianta d’olivo destinata a produrre le famose olive taggiasche dal caratteristico color nero- violaceo, considerate in grado di dare, una volta spremute, uno dei migliori olii di tutto il bacino del Mediterraneo? Il dubbio sovviene naturalmente dopo che l’Amministrazione Comunale del minuscolo borgo, appena trecentoventi abitanti, situato alle spalle della mondana Bordighera ma noto in tutto il mondo per essere sede di un Principato non riconosciuto internazionalmente, ha approvato il regolamento per l’assegnazione della Denominazione Comunale d’Origine all’oliva taggiasca coltivata, per l’appunto, in loco.

Fautore del progetto “Taggiasca” è stato il Vice- Sindaco ed Assessore del piccolo Municipio Flavio Gorni che così ha illustrato l’iniziativa: “ Abbiamo intrapreso questa strada, cioè quella del conferimento della De.CO, per valorizzare le attività agroalimentari tradizionali seborghine”, tra cui appunto l’oliva taggiasca. Nella vicina città di Taggia, comune di ben altre dimensioni che sfiora i quindicimila abitanti, ovviamente non ci stanno e sottolineano come tale pregiata e particolare specie d’oliva prenda il nome di taggiasca proprio perché per la prima volta venne coltivata nel capoluogo della Valle Argentina. Secondo i seborghini, però, furono i monaci provenienti dall’isola francese di Sant’Onorato, nell’arcipelago delle Lerins di fronte a Cannes, insediatisi da queste parti, per volere dei Conti di Ventimiglia, attorno al 954 dopo Cristo a portare con se ed a piantare i semi delle prime piante d’olivo di varietà taggiasca. Successivamente essendosi diffusa la relativa coltivazione soprattutto attorno alla cittadina alle porte orientali di Sanremo, essa prese il nome che tuttora porta.

A Taggia, invece, si racconta una storia dal tenore abbastanza diverso: furono i monaci benedettini provenienti dalla famosa abbazia di Pedona ad impiantare i primi oliveti di “ taggiasca” in bassa Valle Argentina al fine di risollevare economicamente le sorti di quelle comunità duramente provate da decenni di scorrerie saracene e longobarde. A Taggia essi fondarono il cenobio di Santa Maria del Canneto tuttora esistente pur se malconcio. Ciò avvenne alla fine del settimo secolo della Cristianità, cioè duecento anni prima della donazione del territorio di Seborga ai monaci di Lerins. Stante la penuria di fonti scritte in materia non è certo chi abbia ragione tra il comune alle spalle di Bordighera e Taggia ma sicuramente sarebbe un bene se pure il Consiglio Comunale tabiese approvasse un proprio regolamento sulla De.CO.

Stefano Roggeri, studente del Liceo Scientifico Cassini di Sanremo e appassionato di storia, esprime un suo parere riguardo al dibattito sull'origine dell'oliva taggiasca tra Taggia e Seborga.  "Per fare ciò vorrei partire dalla fondazione dell'ordine Benedettino. L'ordine dei Benedettini fu fondato da San Benedetto da Norcia nel 529 ed ebbe la sua prima sede a Montecassino. Nel 591 Teodolinda di Baviera sposò Agilulfo, re longobardo d'Italia, divenendone regina. La sovrana, visto il suo stretto legame con il papa San Gregorio Magno, decise di donare ai monaci benedettini il territorio fra le valli dello Stura, la Vermegnana e le Alpi Marittime. I monaci si stabilirono a Pedona, attualmente Borgo San Dalmazzo, e da lì si diffusero in tutto il Piemonte e in Liguria. Fondarono un monastero a Tenda e poi, circa nel VII secolo, giunsero a Taggia, dopo le devastazioni compiute nel territorio da Rotari nel 645.A quell'epoca Taggia era solo un piccolo paese arroccato intorno al castello. I monaci si stabilirono sul Colletto dove costruirono un monastero tra la attuale chiesa della Madonna del Canneto e Villa Ruffini. Sotto la chiesa della Madonna del Canneto vi sono ancora i resti della originaria chiesa benedettina, datata dagli storici proprio risalente al VII secolo come confermato dagli Statuti Comunali del 1381.
Come è noto, dove si recavano i Benedettini subito impiantavano la vite e l'olivo, mostrando alla popolazione nuove colture e favorendo la ripresa economica di territori poveri o devastati dalle invasioni. Nel caso particolare i monaci a Taggia crearono una nuova varietà di ulivo unendo alle piante di ulivo selvatico autoctono piante portate dalle coltivazioni di Cassino. L'operato dei frati Benedettini a Taggia è sicuramente antecedente alla data del 954 posta dal vicesindaco di Seborga in quanto vi è un documento del 979 in cui un tale di nome Gisilberto, figlio di Giovanni e originario di Taggia, richiede al vescovo di Genova Teodolfo di poter usufruire delle terre che erano state dei Benedettini, dopo il massacro operato dai saraceni ai danni dei monaci. Appare dunque chiaro che il monastero dei Benedettini di Taggia fosse antecedente al 954 così come l'oliva da essi coltivata sul territorio di Taggia e Villaregia. 

 

(fonte: Sanremonews)